Firenze non è l'unica col bilancio in rosso
Da Nord a Sud atenei italiani alle prese con la crisi dei bilanci
Una montagna talmente malata da fare tanta fatica nel partorire il proverbiale topolino. Questo è il sistema universitario italiano, che perde in credibilità, s’indebita e scompare dalle classifiche mondiali.
I bilanci in rosso sono un male cronico delle Università d’Italia. E ne abbiamo la lampante dimostrazione in casa: l’Università di Firenze nel dicembre 2007 ha approvato un bilancio 2008 in rosso di 27 milioni di euro. È vero: sono cinque in meno del bilancio 2007. Ma resta una voragine interminabile.
Ovviamente, non siamo gli unici. Andiamo in Liguria. L’Università degli Studi di Genova, tanto per fare un nome, ha un “buchetto” di 15 milioni di euro (numeri del 2006). E nel profondo nord? Eccoci a Trieste, dove l’ateneo a fine 2006 piangeva un bilancio in rosso di 3 milioni di euro contro i quasi 168 milioni di entrate (di cui, tanto per farsi un’idea, 107 spesi per il solo personale). Quindi: soldi non ce ne sono. Soluzione? La risposta sembra un coro: “Aumentiamo le tasse!”.
Anche qui, da Nord a Sud, senza discriminazione. Spesso, però, i rettori appongono la parola “riparametrizzazione” accanto alla mano che infilano nelle tasche dei loro studenti. È il caso, ad esempio, dell’Università di Pisa. Siamo nel 2006. E l’ateneo sceglie di passare dall’ICER (Indicatore della Condizione Economica Riparametrato) all’ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente), accompagnando la scelta con una garanzia: “Il gettito non aumenterà”. Infatti: + 2 milioni di euro nelle casse dell’Ateneo dalle tasche degli studenti. Che, tra l’altro, contengono sempre meno soldi. Congiuntura economica?
Borse paterne sempre più chiuse? Anche, ma non solo. Perché ci si mettono pure le ARDSU. Che da un lato (come successo a Roma Tre, a Cagliari e a Pavia, ad esempio) alzano il costo dei servizi (mense in primis). E dall’altro tagliano le borse di studio. Torniamo in casa nostra. Perché l’esempio è a portata di mano: l’ARDSU Firenze, infatti, ha concesso quest’anno la possibilità di far richiesta di prestito d’onore ai soli beneficiari dell’anno scorso.
Quindi, matricole a bocca asciutta.
Si può dire: “Paghiamo tanto, ma abbiamo un bel servizio”. Magari. È vero: le classifiche lasciano un po’ il tempo che trovano. Ma quando in tutte quelle che riesci a consultare in un pomeriggio passato in rete gli atenei italiani fanno sempre ridere, in effetti, un campanello d’allarme suona eccome.
Ad esempio: nella classifica stilata in base al numero di pubblicazioni conquistate sulle più importanti riviste a livello mondiale, “Nature” e “Science”, scopri che tutti gli atenei italiani hanno un coefficiente che oscilla da 0 a 3. Tanto per avere un’idea, Barkley e Oxford si muovono tra 60 e 90. Oppure: nella classifica dei 50 migliori atenei nel mondo redatta dal “Times” di Londra (novembre 2007), divisa per ambiti, gli unici due italiani presenti sono Roma – La Sapienza (40° nel campo delle Scienze Naturali) e Bologna (47° nelle umanistiche). E Firenze? Il nostro ateneo nella classifica redatta dall’ “Institute of Higher Education” nel 2004, è 280esimo (5° a livello nazionale). In quella già citata del Times è nel gruppone tra il 300esimo e il 400esimo posto.
Insomma: niente eccellenza. Nemmeno a cercarla un pomeriggio intero.
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