Università fuoricorso
Finiti gli effetti della riforma «3+2». Solo il 30 per cento si laurea in tempo
Uno degli obiettivi della Riforma Zecchino, che ha trasformato l'Università con la formula del 3+2, era diminuire il fenomeno, tutto italiano, dei fuori corso. Perché il nostro sistema accademico ha da sempre sofferto di un problema di ritardo: mentre all'estero i giovani dei Paesi Ocse concludevano gli studi prima dei 25 anni, da noi ci si avvicinava al traguardo intorno ai 28. Secondo un'analisi del 2001 del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, nel 2000 solo 9 laureati su 100 conseguivano il titolo nella durata legale degli studi.
A distanza di otto anni i dottori fuori corso di tutti gli Atenei d'Italia sono notevolmente diminuiti e quasi un universitario su tre si laurea nei tempi giusti. Ma la tendenza sta cambiando e le ultime rilevazioni dicono che c'è il rischio di tornare ai vecchi tempi. Nel 2007 si sono laureati 300.735 studenti, nel confronto con l'anno accademico precedente la proporzione di laureati «regolari» è diminuita del 4,5%, passando dal 34,8% al 30,3%. Lo testimonia l'ultimo Rapporto sullo stato del sistema universitario del Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario), organo istituzionale del ministero dell'Università e della Ricerca. L'analisi indica che è aumentata anche la durata media degli studi, passata da 4,2 a 4,4 anni, (quella regolare è di 3 anni con il nuovo ordinamento) maggiore di quella che era la vecchia durata legale di un corso di laurea quadriennale e poco inferiore della durata regolare di un vecchio corso quinquennale.
Se poi si dà un'occhiata alla diminuzione di laureati che hanno conseguito il titolo con un anno di ritardo (passata dal 40,6% al 34%) quello che potrebbe apparire un segnale di miglioramento si dimostra invece una spia d'allarme perché è quasi raddoppiata la percentuale di coloro che si sono laureati due anni oltre la durata regolare degli studi (passata dall'11,5% del 2005 al 20,3% del 2006).
Siamo ancora lontani da quel 9% di dottori «in corso», eppure la percentuale degli iscritti fuori corso per l'anno accademico 2006-2007 rispetto al 2001-2002 è diminuita di solo mezzo punto percentuale (36,9% contro il 37,3%). Se inoltre si confronta il numero di coloro che hanno conseguito nel 2006 il titolo nel tempo previsto, con il numero degli immatricolati agli stessi corsi tre anni prima, si scopre che di questi solo il 14,9% si è laureato nel giusto tempo. Si conferma inoltre il dato degli abbandoni al secondo anno che oscilla intorno al 20% mentre aumenta il numero di iscritti inattivi (22,17%) che pagano le tasse ma non sostengono esami.
«Si tratta di una maledizione strutturale — spiega Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea — all'estero non sanno nemmeno cosa sia lo studente fuori corso, non esistono parole inglesi ad esempio per tradurre il concetto. Certo, siamo ancora in una fase di transizione tra vecchio e nuovo ordinamento ed è troppo presto per fare bilanci. Dobbiamo pensare comunque che oggi i ragazzi che si laureano in regola sono molti. I risultati post riforma sono di gran lunga migliori alla situazione precedente, ciò che desta preoccupazione è che man mano che passa il tempo il fenomeno dei fuori corso possa ricominciare ad aumentare». E poi gli iscritti post riforma, spiega Cammelli «non hanno ancora avuto il tempo di essere fuori corso di oltre 5 anni, essendo la riforma recente ».
La popolazione universitaria si è ormai stabilizzata da circa tre anni intorno a 1.800.000 unità. Un altro fenomeno che contribuisce ad aumentare la percentuale di iscritti irregolari è quello delle matricole «mature», cioè gli adulti che decidono di tornare a studiare. Sono passati dal 13% degli immatricolati totali del 2000 al 17,4% dell'anno accademico 2005-2006. «Spesso sono studenti lavoratori che proprio per questo motivo non fanno in tempo a completare il ciclo di studi con regolarità», spiega il sottosegretario del ministero dell'Università Luciano Modica. «È vero — aggiunge — che uno degli obiettivi della Riforma era quello di abbattere il fenomeno dei fuori corso e i risultati conseguiti in questo senso sono molto positivi. È vero anche che quest'anno si denota un peggioramento del dato e faremo molta attenzione a monitorarlo».Nel complesso, precisa Modica, che in passato ha ricoperto il ruolo di presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane «la situazione è nettamente migliorata. Metà degli studenti si laurea con meno di un anno di ritardo facendo diventare possibile ciò che nel vecchio sistema universitario era impensabile».
In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%). Tant'è che solo l'8,9% degli iscritti al Campus Bio-Medico di Roma è fuori corso. Al contrario, secondo i dati del Miur, l'ateneo che detiene la percentuale più alta di studenti irregolari è quello di Benevento, l'Università degli studi del Sannio: su oltre sette mila iscritti nell'anno accademico 2006/2007, quasi la metà (il 47,9%) non è in regola. Segue l'Università degli studi di Cagliari (con il 46,6%) e il Politecnico di Bari in cui il 46,4% degli iscritti è fuori corso. Al contrario, tra gli atenei con la più bassa percentuale di «irregolari» troviamo il San Raffaele di Milano con il 4,7% (su 1.835 studenti), l'Università della Sicilia centrale Kore di Enna con il 9,2% (su 3.500 studenti) e il 10,3% della Luiss Guido Carli di Roma su oltre 6 mila iscritti. Importante è però la data di inaugurazione dell'ateneo: più è giovane l'Università più la percentuale di fuori corso si abbassa. Atenei storici come La Sapienza di Roma o la Statale di Milano (rispettivamente 43,3% di fuori corso e 33,8%) hanno avuto tutto il tempo per maturare studenti che restano tali per un bel po'.
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